Etica rettili e animali esotici: quando l’allevamento diventa conservazione

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Ogni anno gli animali esotici diventano sempre più popolari. Ma quando si può parlare di etica rettili? Nello specifico, quand’è che la detenzione casalinga di una specie diventa utile alla conservazione? Nel corso dell’articolo scopriremo le differenti situazioni dei rettili, e come per alcune specie sarebbe più corretto parlare di “animali domestici” rispetto alla definizione di “esotici”.

Etica rettili: da dove vengono gli animali esotici e come si classificano?

Gli animali esotici in commercio si classificano anche in base alla loro origine. Ergo la loro provenienza li suddivide all’interno di tre gruppi principali:

  • WC: wild caught, si riferisce ai rettili prelevati dall’ambiente naturale e conseguentemente importati nel paese dove verranno commercializzati.
  • CF: captive farm, questa sigla è in riferimento ai rettili importati da un’operazione di allevamento che avviene nell’areale di origine della specie, e quindi che sfrutta i parametri ambientali idonei per la pratica di allevamento.
  • CB: captive born, questa sigla si riferisce ai rettili nati in cattività, prende il nome di CBB quando si parla di esemplari alla seconda generazione, ergo nati da esemplari già nati in cattività.

Gli esemplari ancestrali (grezzamente definiti “wild”) sono gli unici a poter essere impiegati nei progetti di conservazione in cattività. Dunque solo il genoma “puro” e fedele a quello della natura può definirsi “conservazione di una specie“. Questa specifica è importante, poichè tra gli allevatori di rettili l’allevamento di linee di sangue differenti dall’ancestrale (definite MORPH) è popolare per alcune specie.

etica rettili

Parlando dell’etica dei rettili in relazione alla loro conservazione, mantenere linee di sangue ancestrale è la priorità. Tuttavia date le recenti leggi in materia di divieto di riproduzione e commercio di animali esotici WC in Italia, l’impiego di esemplari prelevati dall’ambiente naturale per le riproduzioni è da considerarsi proibito. Dunque ad un normale appassionato, per contribuire all’ecologia delle specie, restano opzionabili esclusivamente le linee di sangue ancestrali provenienti dagli allevamenti esteri CF, oppure in cattività nel paese di riferimento CB. Escludiamo ovviamente i morph, ovvero animali fenotipicamente differenti dalla linea ancestrale, paragonabili alle razze dei cani.

Conservazione rettili: la scelta delle specie da allevare

La scelta delle specie di rettili da allevare è un altra chiave etica per definirne la conservazione. Nello specifico molti allevatori amatoriali scelgono di allevare specie popolari, che raggiungono la maturità sessuale in fretta e quindi sfornano cuccioli in maniera più stabile e veloce. Al contrario altri allevatori si cimentano nell’allevamento di specie ben più complicate, con rettili che raggiungono la maturità sessuale in decenni di lavoro e necessitano di condizioni ben più complicate per procreare.

Sebbene entrambi gli allevatori abbiano senso di esistere, sulla bilancia della conservazione la scelta di allevare specie complicate, mantenendo line di sangue ancestrali è sicuramente più etica. Un esempio è il confronto tra l’allevamento dei gechi Correlophus ciliatus e quello delle tartarughe Astrochelys radiata.

Rettili commercio e allevamento: etica delle schiuse e numero dei nati

Uscendo dal panorama conservazionistico, l’etica legata al mondo degli animali esotici è anche in relazione all’economia e al commercio. In particolare la scelta di allevare specie popolari e dall’alta riproducibilità rischia di generare una saturazione del mercato. Nello specifico la maggior parte dei nascituri viene venduta dagli stessi allevamenti di rettili verso nuovi proprietari. La probabilità che i nuovi proprietari diventino nuovi allevatori, è decisamente alta.

In questo modo il rischio di rimanere con esemplari invenduti è sempre più alto per le specie più popolari sul mercato. Al contrario, le specie più difficili da allevare che si posizionano in una nicchia di appassionati più piccola, rimangono stabili. La sostenibilità delle specie più “rare” è dovuta anche grazie al prezzo di vendita ben più alto. La causa è riconducibile al rapporto tra la domanda e l’offerta, se la prima cala e l’offerta aumenta l’invenduto è inevitabile. Fenomeno che non accade per le specie più complicate. Per riassumere, al terrarista medio “piace vincere facile”. Tuttavia non stiamo parlando di prodotti a magazzino, ma di animali domestici, dunque l’invenduto, è un dato fondamentale che rischia di trasformarsi in abbandoni.

Una possibile soluzione al problema prevede valutazioni più attente da parte degli stessi allevatori di rettili. Nello specifico un sistema simile a quello cinofilo potrebbe garantire il susseguirsi e lo stabilizzarsi dell’economia dei rettili. Oltre al controllo delle nascite e alla scelta delle specie e delle line di sangue, sarebbe quindi opportuno che gli allevatori di rettili destinassero parte delle nuove covate ad un mercato tra allevatori e aziende, e un’altra parte alle richieste pets, ergo ai singoli detentori ai fini domestici.

Etica rettili: quali specie sono sostenibili da allevare e adozioni

Le specie di rettili incluse negli allegati A e B della cites (clicca qui per approfondire) sono sicuramente ottime scelte per un allevamento etico, soprattutto se ne si mantiene la linea di sangue pura o ancestrale. Allo stesso tempo dobbiamo però sottolineare la pericolosità di allevare specie di grosse dimensioni: iguane, serpenti moluri… questi rettili raggiungono dimensioni abnormi, e la probabilità che finiscano in adozione è elevata. Gestire un surplus di queste specie è insostenibile per il già in crisi settore associativo erpetologico, ergo il controllo delle nascite dovrebbe essere ben più serio.

Allo stesso tempo la riproduzione di rettili per i quali c’è un alta richiesta di adozioni, come ad esempio le tartarughe acquatiche, le pogone ancestrali… dovrebbe essere maggiormente controllata.

Attualmente in Italia l’allevamento dei rettili, ad eccezione delle tartarughe, non è una pratica normata. Dunque è lasciato tutto al caso e alla consapevolezza, evidentemente carente, di molti allevatori e alla superficialità delle persone. Sebbene all’interno del settore ci siano aziende e allevamenti che coltivano un approccio sostenibile, la paura è che la concorrenza sleale di alcune fiere e personaggi trafficoni imponga un cambio di rotta per la sopravvivenza economica. Personaggi che non dovrebbero esistere, ma che trovano terreno fertile nei buchi normativi Italiani.

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Edoardo Fivizzoli

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